• Carte à la une. Déconstruire un récit impérial : le mythe Sykes-Picot — Géoconfluences
    https://geoconfluences.ens-lyon.fr/informations-scientifiques/a-la-une/carte-a-la-une/sykes-picot

    Très bon article

    La carte dite de Sykes-Picot (1916) est souvent présentée comme l’illustration la plus flagrante de l’impérialisme européen au Moyen-Orient et de la manière dont les frontières y ont été tracées arbitrairement. En replaçant cette carte dans son contexte historique, l’historiographie récente nuance cette idée. Exagérer son importance revient à occulter la longue histoire des frontières et tend à faire oublier que ce mythe est lui-même en partie hérité des discours impériaux.


    #cartographie #colonisation #géopolitique

  • I luoghi della memoria dell’Italia fascista

    Il territorio di questo paese conserva molte tracce del suo passato fascista sotto forma di edifici, monumenti, ma anche nomi di strade, vie o scuole. In alcuni casi, quando simboli, monumenti e intitolazioni sono presenti nella nostra vita quotidiana senza essere oggetto di commemorazione o ricostruzione memoriale specifica, essi giacciono lì, muti per la maggior parte della popolazione, ma presenti e disponibili a diversi tipi di riattivazione. In altri casi questi luoghi sono invece oggetto di commemorazioni e cerimonie, per lo più presidi di una memoria minoritaria, ma che riappare carsicamente nella storia d’Italia, coltivate da minoranze neofasciste o della nuova destra, che cercano di costruire un ponte che legittimi il presente attraverso la storia del passato fascista, ma anche che permetta di coltivare costruzioni identitarie antidemocratiche.

    Per riflettere su questi fenomeni, l’Istituto nazionale Ferruccio Parri ha avviato un progetto che ha l’obiettivo di mappare e ricostruire progressivamente la storia dei ‘luoghi della memoria’ locale e nazionale del fascismo storico (1919-1945). Obiettivo del progetto è individuare e analizzare i monumenti e le intitolazioni di strade e edifici pubblici che sono stati costruiti come luoghi della memoria del fascismo durante il regime o negli anni successivi alla Liberazione del paese.

    Questa mappatura ha l’obiettivo di verificare la geografia di questi monumenti e di queste intitolazioni ricorrenti; leggerne la stratificazione storica e in ogni caso ricostruire la storia di questi luoghi della memoria, del significato che hanno assunto del tempo e di come sono stati modificati dal tempo o dagli uomini e dalle donne di questo paese. Questa ricerca dovrebbe così permettere di leggere e analizzare i diversi modi in cui nelle composite comunità locali e territoriali la memoria del fascismo è stata preservata e/o ricostruita, come questa costruzione si collochi in relazione con altre memorie politiche e come, nel corso di questi anni, in concomitanza con la rilegittimazione in corso dell’esperienza fascista, queste memorie si siano ridefinite e rialimentate. Questo progetto ha nutrito anche una riflessione scientifica più articolata, che è stata ripresa e riarticolata nel volume curato da Giulia Albanese e Lucia Ceci intitolato I luoghi del fascismo. Memoria, politica e rimozione (Viella, 2022).

    Questo progetto è coordinato da Giulia Albanese insieme a un gruppo di lavoro del comitato scientifico del Parri composto da Filippo Focardi (direttore scientifico dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri), Mirco Carrattieri, Lucia Ceci, Costantino Di Sante, Carlo Greppi, Metella Montanari, Nicola Labanca. Questo gruppo, a partire dal 2021, è stato sostituito dai membri del nuovo Comitato scientifico del Parri (2021-2024): Filippo Focardi (Direttore scientifico, Presidente), Laura Bordoni, Lucia Ceci, Annalisa Cegna, Chiara Colombini, Andrea Di Michele, Nicola Labanca, Matteo Mazzoni, Santo Peli, Antonella Salomoni, Giovanni Scirocco.

    Il progetto del sito e del database è stato realizzato da Igor Pizzirusso.
    Antonio Spinelli e Giulia Dodi hanno invece curato redazione, approfondimento scientifico e validazione delle schede (oltre a contribuire con ulteriori segnalazioni).
    Fondamentale è stato il lavoro dei volontari della rete degli istituti per la storia della resistenza che hanno inviato segnalazioni o realizzato il primo censimento, ma anche da studiosi indipendenti che hanno collaborato all’individuazione dei luoghi e alla loro schedatura. Questa ricerca è dunque il frutto di un progetto collaborativo e in progress, ma ciascuna scheda riporta l’indicazione dell’autore della compilazione.

    L’Istituto nazionale Ferruccio Parri ha aperto una collaborazione con Postcolonialitaly.com, per rendere disponibili a quel progetto i luoghi coloniali censiti in questo sito e ricevere le schede di quel sito con riferimento ai luoghi coloniali che sono pertinenti per questo progetto. Nella scheda descrittiva daremo conto di eventuali schede derivate da quel progetto.


    https://www.luoghifascismo.it

    #Italie_fasciste #fascisme #Italie #cartographie #traces #visualisation #mémoire #toponymie #toponymie_politique #toponymie_fasciste

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’Italie coloniale (la question coloniale se chevauche avec la question fasciste) :
    https://seenthis.net/messages/871953

    • I luoghi del fascismo. Memoria, politica, rimozione

      Cosa resta dei monumenti, dei complessi architettonici, delle opere d’arte attraverso cui il fascismo intese esplicitamente celebrare e tramandare sé stesso? Quale uso è stato fatto nell’Italia repubblicana di queste tracce materiali?

      In che modo la memoria dei luoghi del fascismo somiglia a quanto è avvenuto in altri stati con esperienze analoghe?

      Il volume indaga questi temi a partire da alcuni luoghi particolarmente significativi nella storia italiana (presenti in città come Roma, Milano, Latina, Livorno, Padova o in piccoli centri della Calabria) e di alcuni paesi europei (Germania, Spagna, Portogallo). Il lavoro si inserisce in un ampio progetto di ricerca dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri finalizzato alla mappatura dei luoghi della memoria commemorativa del fascismo in Italia.

      https://www.viella.it/libro/9791254691908

      #livre

  • Berlin-Halensee : Leiche in Altkleidercontainer gefunden
    https://www.berliner-zeitung.de/news/berlin-halensee-leiche-in-altkleidercontainer-gefunden-li.2216528

    Le premier article après le weekend de la pentecôte parlait d"un fait divers à Kreuzberg.
    https://seenthis.net/messages/1054599
    Là nous nous rendons dans le quartier bourgeois de Halensee.

    Ça s’est passé tout près du boulevard bourgeois #Kurfürstendamm. Un homme est retrouvé mort dans un containeur de collection de vêtements utilisés. Une fois tu es à l’intérieur tu n’en sors que lors ce que le camion de ramassage passe. On ne tombe pas dans un conteneur de ce type. Il faut se plier pour passer à l"intérieur. Peu importe sous quels circonstances la vie de l’homme a trouvé une triste fin, l’antagonisme social de Berlin Alexanderplatz est de retour. C’est les années vingt, il n’y a pas de doute.

    19.5.2024 von Eva Maria Braungart - In der Nacht zu Sonntag wurde die männliche Leiche entdeckt. Die Polizei ermittelt nun, ob es sich dabei um ein Verbrechen handelt.

    In Berlin-Halensee im Bezirk Charlottenburg-Wilmersdorf ist in der Nacht zu Sonntag eine Leiche in einem Altkleider-Container gefunden worden. Wie die Polizei Berlin am Sonntag mitteilte, steckte der Körper zur Hälfte in dem Container. Wie die Polizei der Berliner Zeitung auf Anfrage bestätigte, befindet sich der Altkleider-Container auf einem Supermarktparkplatz in der Heilbronner Straße.

    Alarmierte Einsatzkräfte trafen gegen drei Uhr in der Nacht ein, konnten allerdings nur noch den Tod des Mannes feststellen. Bei dem Toten handelt es sich demnach um einen 45 Jahre alten Mann. Die Polizei ging zunächst von einem unglücklichen Unfall aus. Die Kriminalpolizei ermittelte und veranlasste eine Obduktion.

    #cartographie sociale : A Berlin on rencontre la misère partout.
    https://www.openstreetmap.org/directions?engine=fossgis_osrm_car&route=52.5012%2C13.2933%3B52.4966%2C13.4376#map=11/52.5204/13.3882


    Entre Halensee / Heilbronner Straße et #Kreuzberg / #Görlitzre_Park on traverse l’essentiel de #Berlin-Ouest.

    #Berlin #Halensee #Heilbronner_Straße #misère

  • Görlitzer Park : Mann überfallen und angeschossen – Verfolgungsjagd durch den Park
    https://www.berliner-zeitung.de/news/kreuzberg-goerlitzer-park-mann-ueberfallen-und-angeschossen-verfolg


    Der Görlitzer Park in Kreuzberg. Am Sonntagmorgen wurde dort ein Mann angeschossen.

    Voilà un fait divers de Kreuberg. Plus tard nous découvrirons qu’on ne vit et meurt pas mieux à Halensee.
    https://seenthis.net/messages/1054605

    A Berlin la guerre au quotidien est de retour. Dans le #Görlitzer_Park deux malfrats de 20 et 23 ans menacent avec un pistolet un homme de 32 ans et tirent sur lui. Pour les Berlinois commence une nouvelle étape d’escalation du crime. Désormais la possession et l’emploi des armes à feu n’est plus réservé à la pègre internationale. Les jeunes désespérés s’en servent aisément pour voler un téléphone portable. La paix relative est terminée. Cette fois la guerre est de retour.

    20.5.2024 BLZ - Zwei Männer bedrohen einen 32-Jährigen im Görlitzer Park mit einem Revolver, um sein Handy zu rauben. Die Situation eskaliert.

    Ein Mann ist am Sonntagmorgen bei einem Überfall im Görlitzer Park angeschossen worden. Wie die Polizei am Montag mitteilt, wurde der 32-Jährige gegen 8 Uhr von zwei Männern zunächst angesprochen. Dann sollen die zwei Tatverdächtigen einen Revolver gezückt und den 32-Jährigen aufgefordert haben, ihnen sein Handy zu geben.

    Als das mutmaßliche Opfer sich weigerte, soll einer der Unbekannten einen Schuss auf den Boden zwischen die Beine des 32-Jährigen abgegeben haben. Der 32-Jährige versuchte daraufhin zu flüchten, doch dann streifte ein weiterer Schuss seinen Oberschenkel – er ging zu Boden.

    Überfall im Görli: Zeugen nehmen die Verfolgung auf

    Zeugen, die gesehen hatten, was passiert war, folgten den Tatverdächtigen quer durch den Kreuzberger Park. Dabei soll einer der beiden die Waffe auch auf die Verfolger gerichtet haben, ohne sie jedoch einzusetzen. Den Zeugen gelang es, einen der Männer bis zum Eintreffen der alarmierten Polizei festzuhalten. Es handelte sich um einen 20-Jährigen, der festgenommen wurde.

    Durch weitere Zeugenhinweise konnte auch der zweite Tatverdächtige in der Nähe gefunden werden. Der 23-Jährige versteckte sich dort in einem Gebüsch. Auch bei ihm klickten die Handschellen, teilte die Polizei weiter mit. Hinter dem Gebüsch fanden die Einsatzkräfte auch eine scharfe Schusswaffe und stellten sie sicher.

    Der Überfallene kam zur Behandlung seiner Schussverletzung in ein Krankenhaus, wo er stationär aufgenommen wurde. Lebensgefahr besteht nach Polizeiangaben nicht. Die beiden Festgenommenen wurden der Kriminalpolizei überstellt. Nach den weiteren Ermittlungen wurden sie am Montag nach Entscheidung der Berliner Staatsanwaltschaft wieder auf freien Fuß gesetzt.

    #cartographie sociale : A Berlin on rencontre la misère partout.
    https://www.openstreetmap.org/directions?engine=fossgis_osrm_car&route=52.5012%2C13.2933%3B52.4966%2C13.4376#map=11/52.5204/13.3882


    Entre #Halensee / #Heilbronner_Straße et Kreuzberg / Görlitzer Park on traverse l’essentiel de #Berlin-Ouest.

    #Berlin #Kreuzberg #crime

  • Le #contrat_d’engagement_républicain, outil de mise au pas du monde associatif

    Dispositif phare de la #loi_séparatisme de 2021, le #CER oblige les associations demandant une subvention à s’engager à respecter les principes républicains. Si son mécanisme de sanction a été très peu activé, il est utilisé régulièrement comme outil de pression politique.

    CrééCréé afin de lutter contre « l’islamisme radical » et « tous les séparatismes », le contrat d’engagement républicain (CER) n’a, à ce jour, jamais en réalité été invoqué à l’égard d’associations confessionnelles, qu’elles soient islamistes ou liées à d’autres mouvements radicaux ou séparatistes, révèle un décompte réalisé par l’Observatoire des libertés associatives.

    Et sur les vingt-quatre cas relevés, seuls trois portent sur des faits liés à la religion musulmane au sein d’associations telles qu’une section locale du Planning familial, accusée d’avoir représenté une femme voilée sur une affiche, une MJC, à laquelle on a reproché d’avoir embauché des femmes voilées, et une association d’aide aux femmes, accusée sans preuve de « prosélytisme religieux ».

    Pour le reste, le CER, que les associations doivent obligatoirement signer lorsqu’elles demandent une subvention, a été brandi à l’égard de l’association Alternatiba Poitiers accusée de « désobéissance civile » ; d’une association d’aide aux mal-logé·es, l’Atelier populaire d’urbanisme (APU), dont une salariée est accusée de violences verbales envers des agents municipaux ; d’une association d’aide aux immigré·es ayant appelé à une manifestation contre les violences policières interdites ; d’une télévision associative, Canal Ti Zef à Brest, mobilisée dans la lutte contre l’évacuation d’un squat ; ou encore d’une compagnie de théâtre, la compagnie Arlette Moreau à Poitiers, ayant moqué son préfet.

    Loin, donc, des ambitions affichées par la loi « confortant le respect des principes de la République », dite loi « séparatisme », dans son exposé des motifs : lutter contre « un entrisme communautaire, insidieux mais puissant », qui « gangrène lentement les fondements de notre société dans certains territoires. Cet entrisme est essentiellement d’inspiration islamiste », précisait l’exécutif, initiateur de ce texte.

    Lors de l’adoption de la loi séparatisme, à l’été 2021, des député·es de l’opposition et des responsables associatifs avaient déjà alerté sur les risques d’un détournement du CER dans un but de répression politique. Et c’est sans surprise que, peu après son entrée en vigueur au mois de janvier 2021, ce contrat, qui impose sept engagements aux associations, qui peuvent en cas de violation perdre une subvention et même devoir la rembourser si elle a déjà été versée, a été en premier appliqué au Planning familial puis à des associations écologistes.

    Parler de détournement du CER est excessif. Lorsqu’on relit les débats parlementaires, on se rend en effet compte que la majorité assumait, dès le départ, le fait de ne pas viser exclusivement les associations séparatistes radicales mais toute association ayant recours à certains modes d’action liés à la désobéissance civile.

    Ainsi, lors de la séance à l’Assemblée nationale du 30 juin 2021, face à des député·es de l’opposition qui l’interpelaient sur les risques d’application du CER à des associations telles que Greenpeace ou Act Up, le député de la majorité et président de la commission spéciale chargée du projet de loi, François de Rugy, confirmait qu’elles seraient bien menacées.

    Au ministre de la justice, Éric Dupond-Moretti, il avait été demandé si les organisations participant à des actions de désobéissance civile comme le fauchage d’OGM ou le « démontage » d’un restaurant McDonald’s, en référence à une action de la Confédération paysanne d’août 1999, seraient concernées. « Bien sûr ! », avait répondu le garde des Sceaux.

    Pourtant, malgré ce champ d’application particulièrement large, le contrat d’engagement républicain est en partie un échec pour le gouvernement. « Le bilan est encore loin d’être concluant », constatait un rapport d’évaluation du Sénat publié au mois de mars, qui soulignait le peu de cas de mobilisation du CER – quatre selon le rapport – et des modalités d’application disparates en fonction des collectivités. « Cette loi ne fait peur à personne. Surtout pas aux islamistes », assénait même sa rapporteuse, Jacqueline Eustache-Brinio.
    Comment le gouvernement s’est lui-même piégé

    L’une des raisons à cette application minime du CER vient en partie d’un effet pervers juridique. En créant ce contrat, le gouvernement s’est en quelque sorte piégé lui-même. Il n’existe pas en effet de droit à la subvention pour les associations. Chaque collectivité dispose de ce fait d’un droit discrétionnaire en matière d’attribution et elle peut refuser ou accorder telle ou telle subvention sans avoir à se justifier.

    En créant le CER, la loi séparatisme a créé un nouvel acte administratif qui offre une prise juridique, un recours possible pour les associations. Or, dans la seule décision visant directement le CER rendue à ce jour, le tribunal administratif de Poitiers a rejeté la demande du préfet de la Vienne visant à obtenir le remboursement d’une subvention versée à l’association Alternatiba pour avoir tenu un atelier de désobéissance civile.

    D’autres recours lancés ces derniers mois devraient permettre de préciser cette jurisprudence naissante. Mais on peut comprendre que certaines collectivités ou certains préfets préfèrent se réfugier derrière un manque de crédit ou leur droit discrétionnaire plutôt que d’invoquer le CER et de prendre le risque de devoir se justifier devant le juge administratif.

    Le CER a pourtant bien eu des effets importants sur les libertés associatives. Mais ceux-ci, bien réels, sont souvent localisés et souterrains, et donc moins visibles. Dans les vingt-quatre cas recensés par l’Observatoire des libertés associatives, le CER n’est en effet appliqué directement et officiellement pour prononcer une sanction que dans cinq. Dans tous les autres, il n’est par exemple qu’évoqué à l’oral dans une réunion ou dans un mail ou brandit comme une menace, sans que l’on sache s’il est vraiment à l’origine d’une sanction à non.

    Au mois d’août dernier, Le Monde révélait ainsi qu’il existe une « liste rouge » d’associations basées dans la région du plateau de Millevaches qui seraient privées de subventions par la préfecture sans que cela leur ait été officiellement notifié, leur ôtant ainsi toute possibilité de recours.

    Plus récemment, une association d’aide aux immigré·e·s, l’Asti du Petit-Quevilly en Seine-Maritime, s’est vu « rappeler » ses engagements par la préfecture pour avoir appelé à une manifestation contre les violences policières interdite. Celle-ci a transmis cet « avertissement » aux partenaires financiers, dont la métropole de Rouen, qui a en conséquence suspendu l’examen des demandes de subvention de l’Asti.

    « Il y a chez certaines collectivités une profonde incompréhension du CER, qui est utilisé à tort et à travers, et notamment comme un moyen de pression, de régulation des relations avec les associations », analyse Claire Thoury, présidente du Mouvement associatif, une organisation regroupant environ 700 000 associations, et qui avait publié, en janvier 2023, un premier bilan de l’application du CER.

    « L’interprétation de ce que recouvre le CER que chaque collectivité peut faire est problématique car il peut être interprété de mille et une façons, abonde Elsa Fondimare, maîtresse de conférences en droit public à l’université de Nanterre. Il sert, de plus, à limiter la liberté en amont. Ce n’est en effet pas qu’une question de subvention et d’argent. Le fait d’invoquer le CER à tort et à travers va conduire les associations à adapter les luttes qu’elles défendent et les moyens qu’elles emploient. Et cette autocensure est une menace très grave pour les libertés associatives. »

    « Le CER a désormais un effet presque plus symbolique que pratique », ajoute Julien Talpin, chercheur en science politique au CNRS et l’un des fondateurs, en 2019, de l’Observatoire des libertés associatives. « On peut penser que certaines associations n’oseront plus aborder certains sujets comme les violences policières ou en ce moment le conflit israélo-palestinien. Le problème est de réussir à objectiver ces effets indirects et diffus et cette autocensure. »

    « Le CER correspond à une appréhension très morale de ce que doit être une association », pointe encore Claire Thoury. « La liberté, l’égalité, la fraternité existent bien en tant que concepts juridiques, ajoute Elsa Fondimare, juriste, auteure d’un article intitulé « Républicanisme contre écologisme. Quelle place pour la désobéissance civile à l’heure du contrat d’engagement républicain ». Mais ce sont des principes extrêmement malléables, qui peuvent facilement être interprétés d’une manière ou d’une autre. »

    « Il y a donc une dissonance entre ce que prétend défendre le CER et les conséquences de son application à certaines associations, pointe-t-elle. Cela ne fait en outre qu’ajouter de la confusion à ce que sont les valeurs républicaines. »

    L’entrée en vigueur du CER est en outre intervenue dans un contexte de défiance croissante entre le monde associatif et les autorités. « Nous sommes en fait dans un contexte de dérive générale », affirme Claire Thoury. « On a l’impression que chaque occasion est bonne pour remettre en cause les libertés associatives », poursuit-elle en citant l’exemple d’un amendement déposé au mois d’octobre dernier au projet de loi de finances proposant de retirer les avantages fiscaux des associations condamnées pour certaines actions.

    « Il y a également eu récemment le maire de Saint-Raphaël qui impose à toutes les associations touchant des subventions de participer aux manifestations patriotiques de la ville. C’est hallucinant ! », s’indigne la présidente du Mouvement associatif.

    « Nous assistons ces dernières années à une remise en cause des partenariats entre la société civile et les collectivités, complète Julien Talpin. C’est une page qui se tourne, celle d’une alliance possible entre les pouvoirs publics et les associations, dont certaines peuvent certes être critiques mais qui constituaient ce contre-pouvoir démocratique grâce à un rôle hybride. »

    « Ces associations offrent en effet un service à des populations que les collectivités ont de plus en plus de mal à atteindre, poursuit le chercheur. C’est un modèle qui avait été assez fort à partir des années 1980, mais qui est remis en cause. » Julien Talpin fait remonter cette dégradation à l’année 2015, « durant laquelle deux mouvements contradictoires se sont rencontrés ».

    « D’un côté, ce fut l’année de la circulaire Valls », poursuit-il, un texte « qui clarifiait les modalités d’attribution des subventions, [qui] avait été perçu comme une victoire et une reconnaissance du rôle des associations ». « Mais 2015, c’est également l’année des attentats et l’accélération du durcissement du traitement des mobilisations sociales, un tournant autoritaire et donc une conflictualité plus forte dans les rapports entre les autorités et la société civile », explique encore Julien Talpin.

    « Pourtant, dans un contexte de crise démocratique actuel, nous avons encore plus besoin des associations pour toucher des publics éloignés de ces questions, ajoute le chercheur. Elles redonnent un pouvoir à des groupes sociaux sous-représentés et elles sont des écoles de la démocratie, des lieux d’éducation populaire à la vie publique. »

    « Les associations ne sont pas là pour faire plaisir aux pouvoirs publics, insiste Claire Thoury. Ce n’est pas leur mission. Mais l’inverse non plus ! Une association peut très bien s’opposer à une collectivité sur un sujet précis et être en accord sur un autre. C’est ce qu’on appelle un contre-pouvoir et c’est tout simplement le cours normal de la vie démocratique. »

    « Je prends souvent l’exemple d’Act Up et de leur action durant laquelle ils avaient déroulé un préservatif géant sur l’obélisque de la Concorde, poursuit la présidente du Mouvement associatif. Est-ce qu’il s’agissait d’un trouble à l’ordre public ? je pense que oui. Mais, aujourd’hui, on sait combien cette médiatisation a été importante dans la lutte contre le sida. »

    « Les associations sont un outil d’apprentissage des libertés et de la démocratie extrêmement puissant, conclut Claire Thoury. Cela permet d’expérimenter et de penser des nouveaux cadres, des nouvelles manières de faire. Le problème est que certains ne comprennent pas à quoi on sert ; que les aspérités, le débat, le conflit, c’est ce qui fait vivre la démocratie. »

    https://www.mediapart.fr/journal/france/160524/le-contrat-d-engagement-republicain-outil-de-mise-au-pas-du-monde-associat
    #désobéissance_civile #répression #associations #séparatisme #détournement #cartographie

  • A #Montpellier, la #gratuité fait grimper la #fréquentation des bus et des trams de 25%

    Dans la métropole, 358 000 habitants sur 500 000 ont activé leur « #pass_gratuité » depuis la mise en place de la mesure il y a six mois, selon les chiffres dévoilés ce mardi 14 mai.

    Ticket au bout des doigts et sac de randonnée sur le dos, un touriste hagard remonte, vendredi 10 mai, la rame de tram, à la recherche d’une fente dans laquelle glisser son titre de transport. Sa quête restera vaine. « Les bornes de validation ont été enlevées parce que c’est gratuit pour nous, les Montpelliérains ! » lui signale un voyageur. Il y a quelques mois, l’agglomération de Montpellier est devenue la plus grande métropole d’Europe à rendre les transports en commun gratuits pour ses 500 000 habitants. Parmi eux, Yvette, une retraitée, exhibe son « pass gratuité », obtenu grâce à un simple justificatif de domicile. « On a une chance extraordinaire de pouvoir prendre les transports gratuitement, s’enthousiasme la septuagénaire qui réside à Castelnau-le-Lez, une des 31 communes de l’agglomération. Je suis davantage attentive à ce que je peux faire en tram. Là, je viens de le prendre pour aller au yoga ! Je n’utilise presque plus ma voiture, sauf pour aller voir mon fils à une heure d’ici, ça me permet d’économiser. »

    « Les trams sont pleins »

    Sur le quai opposé, Aboukaria, qui attend le tram en compagnie de son compagnon et de sa fille, fait ses calculs : « Les 30 euros que je dépensais pour mon abonnement vont dans les courses, ça fait du bien. Le seul problème, c’est qu’il y a davantage de monde aux heures de pointe. » « La gratuité arrange ceux qui n’ont pas les moyens, comme mes deux enfants, payés au smic, renchérit Benhamou, un autre usager. Dans les quartiers populaires, les trams sont pleins. »

    Les chiffres dévoilés ce mardi par la métropole confirment la popularité de cette révolution : la fréquentation des quatre lignes de tram et des 41 lignes de bus a augmenté de 23,7 % par rapport à 2019, période précédant la mise en place progressive de la gratuité. En vigueur le week-end depuis septembre 2020, celle-ci a ensuite été étendue aux moins de 18 ans ainsi qu’aux plus de 65 ans durant la semaine, avant d’être généralisée en décembre 2023. Une police métropolitaine, créée pour l’occasion, veille à maintenir un climat de sécurité. Selon la métropole, malgré l’afflux de voyageurs, les #incivilités ont reculé de 26 % par rapport à 2019.

    « On ne s’est pas trompés. La gratuité des transports change la vie de centaines de milliers de personnes », veut croire Michaël Delafosse, maire PS de Montpellier et président de la métropole. En concrétisant une promesse de campagne faite en 2020, il entendait répondre à la fois aux gilets jaunes et aux manifestants pour le climat. « Cette mesure me plaît car elle montre que la gauche fait des choses pour construire un monde plus solidaire, écologique et fraternel », dit-il.

    L’édile a opté pour une #gratuité_universelle plutôt que pour des tarifs sur critères sociaux afin de limiter le phénomène de #non-recours chez les personnes précaires. A ce jour, 358 000 habitants ont activé leur « pass gratuité ». « C’est monumental ! s’exclame l’élu écologiste Manu Reynaud, adjoint au maire de Montpellier délégué à la ville apaisée, respirable et numérique. Les retours sont positifs, ça a permis de se réinterroger sur la question des #mobilités et des transports publics. Il y a aussi une certaine fierté chez les habitants à disposer de quelque chose que les autres n’ont pas. »

    #Dunkerque, ville pionnière

    L’expérience est calquée sur celle menée depuis dix ans à #Tallinn (450 000 habitants), la capitale de l’Estonie. En France, parmi 45 villes déjà converties à la gratuité, Dunkerque (200 000 habitants) a fait figure de pionnière dès 2018. L’actuel ministre des Transports, Patrice Vergriete, alors maire de la ville, a mis en place la gratuité pour ses concitoyens mais aussi pour les visiteurs. A Montpellier, ces derniers doivent toujours s’acquitter d’un ticket à 1,60 euro. De quoi maintenir une partie des recettes de billetterie des transports pour la métropole.

    Mais l’équation financière du passage à la gratuité a longtemps posé question, y compris dans le camp des écologistes membres de la majorité municipale. Selon la chambre régionale des comptes Occitanie, le manque à gagner serait de 30 à 40 millions d’euros. Michaël Delafosse assume : « Cela représente 5 % du budget de fonctionnement de la métropole, c’est un choix politique. Au niveau financier, on est parfaitement dans les clous. » Il concède cependant : « Si le choc énergétique avait duré, je serais peut-être moins serein. » L’édile rappelle qu’il n’y a pas eu d’augmentation des impôts et qu’une bonne partie du #financement provient du #versement_mobilité, un #impôt payé par les entreprises de plus de 11 salariés, dont la contribution augmente grâce à une activité économique dynamique sur le territoire métropolitain.

    La qualité du réseau risque-t-elle de pâtir du financement de la gratuité ? A l’heure où certains usagers et la chambre régionale des comptes accusent la métropole d’avoir espacé les rotations des bus pour faire des économies, le maire se défend : « La fréquence n’a pas baissé, mais on sait qu’on doit continuer à améliorer l’offre. On a tout intérêt à la performance. » La métropole assure qu’elle continue d’investir dans le développement du réseau. « On achète de nouvelles rames pour transporter plus de voyageurs, précise Michaël Delafosse, il faut accélérer les commandes. » Une ligne supplémentaire de tram, un réseau de bus tram ainsi que 70 bus électriques sont également attendus.

    Le boom du #vélo se poursuit

    Quid du climat ? Si Michaël Delafosse loue une « mesure d’écologie positive », l’effet direct de la gratuité sur les émissions de CO2 reste à prouver. A-t-elle massivement incité à abandonner la voiture ou les habitants se sont-ils simplement plus déplacés ? Pour tenter d’y voir clair, une enquête sera réalisée « sûrement en 2026 », assure le maire. Solène, 26 ans et tout juste diplômée, envisage de se passer de la voiture : « Ça coûte plus cher, et, pour des raisons environnementales et de pollution de l’air, je ne veux pas en dépendre. Mon but est de trouver un travail à Montpellier où je pourrai faire sans ! » Mais d’autres ne sont pas prêts à lâcher le volant. « Aller au travail en transport en commun doublerait mon temps de trajet », justifie Vincent, trentenaire résidant dans l’agglomération. Idem pour Fadila, mère de famille : « Je commence le travail à 6 heures du matin et j’ai peur de marcher jusqu’à l’arrêt de tram, qui est loin de chez moi. »

    Plus globalement, l’agglomération prône une nouvelle « vision systémique » pour « faire de la place aux autres modes de déplacement que la voiture ». Pour l’heure, le boom du vélo se poursuit dans la métropole, avec une progression de 16 % l’an dernier. « On mène une politique cyclable, rappelle Delafosse, on continue à défendre la piétonnisation et le covoiturage au quotidien, donc toutes les mobilités décarbonées sont en progression, l’une ne cannibalise pas l’autre. »

    https://www.liberation.fr/environnement/climat/a-montpellier-la-gratuite-fait-grimper-la-frequentation-des-bus-et-des-tr

    #transports_publics #statistiques #chiffres #cartographie #visualisation #vélos #coût #budget

    • C’est comment, ils ne sont pas gratuits pour les externes ?
      Le problème de conserver une double tarification, c’est qu’il faut conserver toute l’infra de validation, vente, et contrôle...
      L’avantage, c’est pour les statisticiens qui ont ainsi un systeme non biaisé par rapport à avant.

      Dunkerque c’est gratuit GRATUIT, plus de valideurs, plus de vente, plus de controle.

    • Y’a FO qui n’est pas d’accord…

      "Je n’ai pas confiance en ces chiffres" : FO continue à réclamer plus de moyens dans les transports en commun à Montpellier
      https://www.midilibre.fr/2024/05/14/je-nai-pas-confiance-en-ces-chiffres-fo-continue-a-reclamer-plus-de-moyens

      « C’est l’arnaque ! » Ne parlez pas au représentant syndical FO, majoritaire chez TAM, de la hausse de fréquentation des transports en commun depuis la gratuité. Pour Laurent Murcia, les chiffres ne sont pas comparables pour plusieurs raisons. D’abord, le taux de fraude. Le syndicat estime que les fraudeurs représentaient 80 % par an des utilisateurs avant la mise en place de la gratuité. « On ne peut pas comparer la fréquentation sur des bases différentes, à savoir la billetterie contre les cellules installées aux entrées des bus et tramways. Sans compter la hausse de la population au sein de la métropole ». Et de rappeler que les manifestations de Gilets jaunes à répétition en 2019 avaient empêché la circulation des transports en commun.

      (Note : les chiffres de fréquentation étaient déjà « corrigés » auparavant d’une estimation du taux de “fraude”.)

    • @sandburg : j’ai déjà indiqué plusieurs fois qu’on a notamment les bleds des plages et une ville pavillonnaire, toutes très proches de Montpellier qui ont refusé de faire partie de la Métropole, notamment pour ne pas contribuer aux transports collectifs (et sans doute aussi parce qu’elles ne veulent pas augmenter la part de logements sociaux). Clairement les villes de la plage ne veulent pas du tram parce que ça permettrait aux touristes d’aller dépenser leur pognon à Montpellier plutôt que sur place, et cultivent une paranoïa aiguë des jeunes de la Paillade qui prendraient le tram pour venir les dévaliser chez eux.

      Une discussion récente à ce sujet :
      https://seenthis.net/messages/1035188#message1035209

      Une caractéristique du tram à Montpellier, censé remplacer « le petit train de Palavas » qui, pendant près d’un siècle, emmenait les montpelliérains à la plage depuis la place de la Comédie, c’est que le tram ne va pas jusqu’à la plage et les bleds du littoral n’en veulent pas.
      https://seenthis.net/messages/864717
      Voici le maire LR de la Grande Motte qui t’explique que « ce n’est pas une demande de la population du Pays de l’Or de voir arriver le tram. » :
      https://seenthis.net/messages/1037200
      (Carnon par exemple, ils ne veulent pas qu’on prolonge le tram, ils passent leur temps à se plaindre des indésirables qui viennent par le tram, et dans le même temps ils veulent absolument faire payer le parking installé sur un terrain qui ne leur appartient pas.)

      Du coup, politiquement, c’est quand même compliqué de filer la gratuité des transports de la Métropole à des gens qui ne veulent justement pas participer aux transports (et/ou aux logements sociaux) de la Métropole.

      Pour l’infrastructure : il n’y a plus de validation ni de vente de billets. Tout a été démonté. Il faut soit une carte physique pour le pass gratutié, soit passer par l’appli sur smartphone pour acheter et valider un billet.

    • @rastapopoulos Oui évidemment.

      Il y a apparemment la possibilité d’acheter des billets physique « horodatés » dans les « principales stations » et chez des commerçants (je suppose dans les tabacs). Mais je n’ai jamais essayé.

      Note que les abonnements pour les non-résidents (mois, année, et aussi le pass touristique 1, 2 ou 3 jours), de la même façon que le « pass gratuité », prennent la forme d’une carte physique et que tu n’as pas besoin de smartphone.

    • Tiens, FO qui confirme sa réputation de syndicat à la mentalité de petits flics/fachos. Remarque, s’ils estiment qu’il y avait 80% de fraudeurs, ça valait le coup de passer à la gratuité dans ce cas, ça coûte moins cher que de payer des tas de contrôleurs.

  • Copains comme cochons : élus, éleveurs ou écrivains, qui sont les lobbyistes du porc en #Bretagne ?

    La Bretagne concentre la majorité de la production porcine de France. Un leadership qu’un conglomérat d’éleveurs, de politiques et d’alliés parfois inattendus compte préserver contre vents et marées. À travers quatre #infographies réalisées en partenariat avec La Revue dessinée, nous montrons les liens qu’entretiennent ces acteurs et les structures qui servent à défendre leurs intérêts. Une #cartographie inédite et pourtant non exhaustive d’un #lobby capable de tordre le bras au gouvernement.

    #Philippe_Bizien, un poids lourd de la filière

    L’enquête publiée par Splann ! en juillet 2022 sur l’extension de la #porcherie #Avel_vor, à #Landunvez (29), met en évidence l’#influence de son gérant sur toute la filière. Propriétaire de l’une des plus grandes exploitations porcines de France, d’où peuvent sortir chaque année jusqu’à 26.000 cochons, Philippe Bizien cumule de nombreuses autres fonctions. Il dirige plusieurs poids lourds de l’#agro-industrie : président de la société #Evel’Up (numéro 2 du porc en France) il est aussi à la tête de différentes structures défendant les intérêts des éleveurs et des méthaniseurs, en Bretagne.

    Ni les recours juridiques contre l’extension d’Avel vor menés par des associations environnementales, gagnés en première instance en 2019 et en appel en 2021, ni la condamnation de Philippe Bizien et de sa société pour #homicide_involontaire en 2022, ni, enfin, l’ouverture d’une #enquête impliquant Avel vor pour #mise_en_danger_de_la_vie_d’autrui par le pôle environnemental du parquet de Brest en 2023, n’ont eu raison de son ascension au sein du lobby du cochon.

    En 2023, il hérite d’une fonction nationale : il devient président de la section porcine de la #Coopération_agricole (anciennement #Coop_de_France), le très puissant syndicat défendant les intérêts des coopératives françaises auprès des pouvoirs publics français et des institutions européennes. Il cumule ainsi cinq mandats – donc cinq indemnités – et bénéficie d’un accès privilégié aux politiques et aux représentants de l’État.

    En janvier 2024, une délégation composée des députés Renaissance #Didier_Le_Gac et #Antoine_Armand, s’est rendue dans l’élevage de Philippe Bizien dans le cadre « d’une mission confiée par #Marc_Fesneau pour ancrer favorablement l’élevage en France », selon les mots de Didier Le Gac. Un soutien réaffirmé par le député Antoine Armand sur le réseau X, faisant fi des polémiques lié à la porcherie landunvezienne « On les suspecte. On les dénigre et parfois on les harcèle. Mais comme ici dans le Finistère, ils et elles nourrissent la France, sont engagés dans la transition écologique et façonnent nos paysages. »

    De puissants relais locaux

    Au-delà des liens de sang qui unissent, jusqu’en 2014, le gérant d’Avel vor au maire de Landunvez, – qui n’est autre que son père – lequel signe les autorisations d’agrandir la porcherie, c’est tout le secteur porcin qui tire les ficelles de la politique locale du pays de Landunvez.

    À la lumière de cet organigramme, les liens entre élus locaux et Evel’Up, la coopérative porcine présidée par Philippe Bizien, sont flagrants.

    À quelques dizaines de kilomètres de Landunvez, la commune de #Saint-Renan est administrée depuis 2014 par #Gilles_Mounier (divers droite), qui était cadre d’Evel’Up jusqu’en en 2021. Il a abandonné ce poste lors de son accès à la vice-présidence du conseil départemental du Finistère, en tant que chargé du développement durable et des territoires. Son épouse est toujours responsable communication au sein d’Evel’Up.

    À #Saint-Renan, les liens entre Evel’Up et la mairie ne datent pas d’hier puisque le prédécesseur de Gilles Mounier au poste de maire, #Bernard_Foricher, était aussi salarié de cette coopérative porcine (qui portait alors le nom de #Pigalys).

    Gilles Mounier n’est pas le seul à être passé de la direction d’Evel’Up à une carrière politique. Un peu plus au nord de Landunvez, la commune de #Kernouës est administrée par #Christophe_Bèle, directeur pendant 20 ans de la coopérative porcine Pigalys, devenue #Aveltis puis… Evel’Up.

    Ces deux soutiens historiques de la puissante filière porcine dans le #Finistère siègent désormais ensemble au sein de la commission locale de l’#eau et du syndicat des eaux du Bas-Léon. Ils occupent ainsi des postes stratégiques pour la gestion de l’eau du pays d’Iroise, à l’heure où le secteur porcin pèse lourd sur la qualité et la quantité d’#eau_potable disponible pour les habitants du territoire.

    La famille élargie

    À l’échelle nationale, le lobby porcin est aussi discret qu’organisé. Parmi ses principaux représentants, on trouve le député Les Républicains (LR) de #Loudéac-Lamballe (22), conseiller régional de Bretagne et vice-président de l’Assemblée nationale jusqu’en 2022, #Marc_Le_Fur. Surnommé le « #député_du_cochon », il s’attaque depuis plusieurs années aux associations qui critiquent l’élevage en déposant en 2022 par exemple, un amendement dit « anti-L214 » visant à « supprimer la réduction d’impôts pour les dons aux associations dont les adhérents sont reconnus coupables d’actes d’intrusion sur les propriétés privées agricoles ».

    Dans sa croisade contre « les normes excessives » il est aidé par #Jacques_Crolais, son ancien attaché parlementaire, directeur de l’#UGPVB (#Union_des_groupements_des_producteurs_de_viande_de_Bretagne) jusqu’en avril 2024, poste qu’il vient de quitter pour prendre la direction… d’Evel’Up.

    Autre député défendant ardemment la filière porcine : #Didier_Le_Gac, député Renaissance de Brest rural (29), dont fait partie la commune de #Landunvez. Il est l’une des chevilles ouvrières de la cellule de gendarmerie dite « #Demeter » créée à la demande de la #FNSEA, ayant pour but « d’identifier et poursuivre les agressions, intrusions et dégradations sur les exploitations agricoles ». Son lancement a été effectué en grande pompe en décembre 2019 à Saint-Renan (29), commune administrée par Gilles Mounier (dont vous retrouverez la figure dans l’organigramme « de puissants relais locaux ») à quelques kilomètres de la porcherie de Philippe Bizien.

    À cette époque-là et jusqu’en 2023, la FNSEA était présidée par #Christiane_Lambert, éleveuse de porcs dans le Maine-et-Loire, aujourd’hui présidente du #Comité_des_organisations_professionnelles_agricoles_de_l’Union_européenne (#Copa-Cogeca) – le plus important syndicat agricole européen.

    Le 14 mars 2024, Christiane Lambert a reçu la médaille d’officier de la Légion d’honneur sous le haut patronage d’#Erik_Orsenna (dont vous retrouverez la figure dans l’organigramme « La famille étendue ») et de l’ex-ministre de l’agriculture #Julien_Denormandie. Tous deux proches de l’association vitrine des grandes entreprises de l’#agroalimentaire, #Agriculteurs_de_Bretagne, ils viennent de cosigner le livre « Nourrir sans dévaster » (Flammarion).

    Une influence nationale

    De Plouvorn à Plonevez-Porzay en passant par Lamballe, Pouldreuzic, Loc-Equiner… Le lobby porcin s’est fait une place de choix dans de nombreuses institutions locales et nationales. De la Vallée des Saints… jusqu’à l’Académie française.

    Une statue de Saint-Alexis a été installée dans la Vallée des Saints en juillet 2022, le lieu, crée par des militants bretons en 2009 sur la commune de Carnoët, dans les Côtes d’Armor, se veut « une Île de Pâques à la bretonne ».

    La sculpture en granit de 4,25 m de haut a été financée conjointement par Le Crédit Agricole du Finistère, la Sica de Saint-Pol-de-Léon – premier groupement français de producteurs de légumes et d’horticulteurs – et la Brittany Ferries, pour rendre hommage à #Alexis_Gourvennec, considéré comme le père de l’agriculture bretonne moderne.

    Il était l’un des plus gros éleveurs porcins français avec 2.000 truies et 48 employés en 1984. Il a occupé la présidence de la Caisse régionale du Crédit Agricole de 1979 à 1998. Connu pour légitimer le recours à la violence en manifestation, l’entrepreneur léonard a contribué à diffuser sur la péninsule une vision ultra-libérale et productiviste de l’agriculture.

    Par-delà cet hommage en granit, les figures bien vivantes présentes dans cet organigramme, continuent de creuser le sillon d’Alexis Gourvennec.

    La filière porcine s’est par ailleurs organisée pour influencer l’opinion publique et laver l’image de l’agriculture bretonne et de ses pollutions. #Agriculteurs_de_Bretagne, association créée par de grandes entreprises de l’agroalimentaire en 2009 après la mort très médiatisée d’un cheval dans les algues vertes à Saint-Michel-en-Grève (22), assure des missions d’accueil d’écoles dans des exploitations de son réseau ainsi que la diffusion du magazine #Le_P’tit_Agri, destiné aux 7-11 ans. Elle tient également des stands lors de grands événements comme les Vieilles Charrues, à Carhaix (29) ou déploie parfois ses couleurs dans des stades, dont celui de Guingamp (22).

    Présidente de ce lobby jusqu’en 2022, #Danielle_Even, éleveuse de porcs dans les Côtes-d’Armor, a été propulsée sur la scène médiatique par l’académicien, businessman et conseiller des présidents Mitterrand et Macron, Erik Orsenna, lequel a invité « sa voisine », en 2013, sur le plateau de l’émission de Michel Drucker « Vivement Dimanche ». « La Bretagne, grâce au porc, sera le nouveau Qatar ! », lance-t-il alors. Depuis, il est présent pour soutenir le lobby à de nombreuses reprises comme lors des remises de légion d’honneur à #André_Sergent, éleveur de porcs et président de la chambre d’agriculture du Finistère, ou à Christiane Lambert, ancienne présidente de la FNSEA et actuelle présidente de la Copa-Cogeca.

    https://splann.org/enquete/les-travers-du-porc/lobby-porc-bretagne

    #élevage #porc #France #infographie #élevage_porcin
    #industrie_agro-alimentaire

    • A fond ! Sur ma watch list dès que possible.

      Première impression de la bande annonce... c’est bien joué, mais les textes sont dits sans le niveau requis pour les langues utilisées.
      Je trouvais que dans Le Jeune Karl Marx , cette erreur n’était pas commise.

    • Vu hier soir... film très lent. Je ne sais pas trop quoi en penser.
      Intéressant, comment Kropotkin explique sa mission de proposer une nouvelle #cartographie_anarchiste de la région... et l’absurdité de la présence de 4 heures différentes dans la petite ville de Saint-Imier : l’heure de l’usine, celle de la municipalité, celle de la poste et celle de la gare (si je ne me trompe pas).

    • Vu.
      La collection de photos d’anarchistes en vantant leurs mérites et actes militants, j’aimerais trop voir ça dans la cour de récré.
      Ca serait vachement plus censé que tout ce que j’ai pu connaître, qui existe actuellement ou existera dans l’avenir.
      Ravachol = 100 points

  • Au procès de Nuremberg,un acte d’accusation en cartes et graphiques
    https://www.visionscarto.net/cartes-graphiques-au-proces-nuremberg

    par RJ Andrews Data storyteller, RJ Andrews accompagne les organisations pour résoudre des problèmes complexes à l’aide de métaphores visuelles et de graphiques d’information. Ses livres sont disponibles sur le site de Visionary Press. Cet article, traduit par Isabelle Saint-Saëns, a été initialement publié en anglais, dans Chartography, sous le titre « This Chart Kills Fascists - Information graphics from the Nuremberg trials » (12 avril 2024). En regardant la série Masters of the (...) Billets

    #Billets_

  • Histoire de la cartographie du XXe siècle : Visionscarto publie ce matin la version française d’un remarquable opus de Gilles Palsky publié initialement en anglais, qui explore l’œuvre de deux cartographes radicaux avant l’heure, Frank Horrabin, socialiste britannique, et Alexander Radó, communiste hongrois.

    Des cartes pour dénoncer l’impérialisme

    https://www.visionscarto.net/es-cartes-pour-denoncer-l-imperialisme

    par Gilles Palsky, Professeur de géographie
    université de Paris I Panthéon-Sorbonne

    « Horrabin et Radó envisageaient les cartes comme des outils permettant de dénoncer et de combattre l’impérialisme bourgeois. Ils présentaient leurs travaux comme des projets nouveaux, différents des atlas ordinaires, qu’ils voulaient ancrés dans l’actualité et offrant des approches dynamiques. »

    #cartographie_radicale #précurseurs #rado #horrabin #histoire_de_la_cartographie

  • #cocarto

    cocarto est un outil de saisie collaborative de données structurées et géospatialisées.

    Pas besoin d’être spécialiste pour créer une base de données cohérente et réutilisable :

    - Une carte est composée de plusieurs couches d’objets géographiques homogènes : des points, tracés, polygones, territoires administratifs.
    - Chaque couche définit des attributs typés : nombres, texte, dates, liste, booléens, images…

    cocarto garantit la validité des données saisies. Il est impossible de mettre du texte pour un attribut booléen ou un nombre.
    Les territoires administratifs sont référencés : pas d’ambigüité sur le code postal ou INSEE, ou sur l’orthographe.


    cocarto est pensé pour le travail d’équipe.

    Quand vous travaillez à plusieurs sur la même carte, les contributions des uns et des autres apparaissent en temps réel.
    Vous contrôlez de façon précise qui peut accéder à vos données : en lecture seule, en écriture, ou en contribution ponctuelle…
    À venir :

    - gestion de l’historique des modifications et retour en arrière ;
    - import, export, réimport…
    - et beaucoup d’autres choses.

    https://cocarto.com
    #cartographie_collaborative #crowdsourcing #cartographie #géolocalisation #co-cartographie

    • Le crowdsourcing avec cocarto

      cocarto est un outil pour faciliter la saisie collaborative et en temps réel de données géoréférencées. C’est un logiciel libre, mais il existe un support payant.

      Ce #guide s’adresse aux personnes qui souhaitent mettre en place un système permettant à des utilisateurs qui ne sont pas des experts de la géomatique de faire des signalements.

      Par exemple :

      - Signaler un danger pour les cyclistes
      - Faire remonter un dépôt sauvage d’encombrants
      - Partager des photographies d’observation d’un animal sauvage

      Pour des besoins plus poussés, QField est plus complet. Le guide d’installation du serveur vous mettra le pied à l’étrier.

      Voici le scénario proposé :

      - Un ou une admin crée le formulaire pour guider la saisie des informations souhaitées
      - Les contributeurs et contributrices :
      reçoivent un lien à ouvrir sur le téléphone,
      n’ont pas à se créer de compte,
      utilisent la géolocalisation de leur téléphone,
      peuvent prendre des photos.
      - L’admin exporte ces données vers un service professionnel de cartographie

      https://geotribu.fr/articles/2024/2024-03-18_crowdscourcing_avec_cocarto

      #manuel #how_to

  • #Carte_interactive : pays par pays, d’où viennent réellement les personnes migrantes ?

    En 2020, l’organisation internationale pour les migrations (OIM) estimait à 281 millions le nombre de migrants internationaux à travers le monde, soit à peu près 3,6 % de la population mondiale. Mais d’où viennent les personnes migrantes ? Dans quels pays sont-elles accueillies ? Quels sont les pays plus connectés au regard des mobilités internationales ? Dans ce nouvel épisode du « Regard de cartographe », Nicolas Lambert nous propose de visualiser de manière précise les migrations internationales.

    D’où viennent les migrants ? Dans quels pays sont-ils accueillis ? C’est à ces questions que propose de répondre la carte interactive ci-dessous. MigrExplorer est une application de cartographe interactive permettant d’explorer la localisation des migrants à travers le monde, par pays d’origine et pays de destination. Pour cela, il suffit de choisir un pays de départ ou de destination, une année de référence, et de visualiser les migrations associées.

    Ainsi, en sélectionnant la France par exemple, vous pouvez visualiser en un seul coup d’œil d’où viennent les immigrés résidant dans l’hexagone (Algérie, Maroc, Tunisie, Portugal…) ou à l’inverse dans quels pays s’expatrient les Français (USA, Belgique, Espagne…).

    En sélectionnant l’Ukraine ou la Russie, vous verrez dans quelle mesure les deux pays sont interconnectés, ce qui n’est pas sans interroger la nature de la guerre en cours entre les deux pays.

    En sélectionnant un pays comme les États-Unis, vous pourrez constater à quel point il s’agit d’un pays d’immigration.

    https://www.humanite.fr/en-debat/immigration/carte-interactive-pays-par-pays-dou-viennent-reellement-les-personnes-migra
    https://observablehq.com/@neocartocnrs/migrexplorer
    #cartographie #visualisation #migrations
    #Nicolas_Lambert
    ping @visionscarto @fbahoken @fil

  • How maps are used and abused in times of conflict

    Maps, although seemingly objective representations of the world, hold immense power. They shape our understanding of space, navigate our journeys and define political boundaries. But beneath the veneer of neutrality lies a potential for manipulation.

    The history of warfare is littered with examples of maps used to dehumanise the enemy. Some of these are very explicit. Satirical maps were produced by all sides in the first world war, depicting Europe as a series of caricatures to dehumanise enemy states and push a victorious war narrative.

    Other examples are less obvious. In the Vietnam war, the US military produced maps that designated specific regions of Vietnam as “free-fire zones”, meaning any person or activity within that zone could be considered hostile and targeted with military force. This tactic effectively erased the civilian population from the map, treating the entire area as an enemy stronghold.

    The dehumanising effect of maps stems from their inherent abstraction. Maps simplify reality by reducing a complex landscape teeming with life and history into lines, symbols and colours. While necessary for clarity, this simplification often has the consequence of stripping away the human element.

    For example, the below map shows the locations of known Russian military strikes and ground attacks after its invasion of Ukraine in February 2022. The map uses symbols to simplify the conflict. Later we would learn that one of these cartoon-like icons represents the Bucha massacre in which 458 Ukrainian civilians and prisoners of war were reportedly killed by Russian forces.

    Fuelling conflict

    Maps can also be used to reinforce the “us v them” mentality that fuels conflict. They create a visual distinction between “our side” and “theirs” by starkly delineating enemy territory.

    In the lead-up to the Rwandan genocide in 1994, extremist Hutu media outlets produced maps that categorised Rwandans by ethnicity: Hutu and Tutsi. These maps weren’t just geographical representations, they were tools for identification and targeting.

    The maps often used contrasting colours to sharply divide Hutu and Tutsi areas. This visual distinction created a clear separation between the in-group (Hutu) and the out-group (Tutsi), promoting the idea that Tutsis were not part of the Rwandan fabric.

    Some maps went further, using symbols like machetes or snakes to represent Tutsis, portraying them as violent and dangerous. These maps were widely distributed through newspapers and radio broadcasts. They not only identified Tutsis but also served as visual propaganda that justified violence against them.

    This visual separation fosters a sense of distance and difference, making it easier to view the enemy as an abstract threat rather than fellow human beings. Propaganda maps exploit this effect by exaggerating the size of enemy territory or depicting enemy populations as faceless masses.
    Removing the human from the map

    The Israel Defence Force’s introduction of grid maps to Gaza in December 2023 has introduced another way of dehumanising populations. Similar to the free-fire zones of the Vietnam war, Israel has divided Gaza into more than 600 blocks, ostensibly to aid in evacuating civilians.

    Each block on the map, which can be accessed through a QR code on leaflets and social media posts, can receive evacuation warnings before the bombardment of a given square. However, aid workers have warned that the map risks turning life in Gaza into a “game of battleships” in which the flattening of any grid square is justified under the pretence that it is an empty space on a map.

    Maps also have an impact on the way we, as observers, view conflict. This can extend beyond the battlefield. Maps often depict refugees as a homogeneous mass, neglecting the individual stories and desires that drove them from their homes.

    In the early stages of Russia’s invasion of Ukraine, for example, the BBC came under fire for one map in which it used arrows to depict the movement of refugees. People on social media suggested that these symbols insinuated invasion rather than fleeing. Following criticism, the BBC updated the map to use proportional circles instead.


    Lessons are being learned

    The dehumanisation inherent in war maps is not inevitable. Including civilian infrastructure and population density on military maps, for instance, can serve as a constant reminder of the human cost of conflict. Oral histories and community mapping projects can also offer alternative perspectives on the land, highlighting the human stories often erased by military cartography.

    The Gaza conflict has shown that lessons are being learned about how better to use maps during conflict. Reuters, for example, has employed maps alongside other text and visual elements to help tell a fuller story and complete what maps alone might never be able to do.

    Ultimately, maps are tools that can be used for good or ill. We must strive to see beyond the lines and symbols, and remember the human beings whose lives are impacted by the conflicts depicted on maps.

    https://theconversation.com/how-maps-are-used-and-abused-in-times-of-conflict-227077
    #cartographie #cartes #conflits #guerre #déshumanisation #propagande
    ping @visionscarto

  • La #jungle du #Darien

    Le Darien est une jungle située à la frontière entre la Colombie et le Panama où transite des centaines de migrants qui cherchent à atteindre le rêve américain.

    C’est à l’extrême sud du Panama que se trouve le Darien, la province la plus pauvre du pays. Une région de plus de 5000 km2, où il faut traverser des zones marécageuses, du relief et de la jungle.

    C’est le seul endroit où s’interrompt la route panaméricaine qui parcourt les Amériques, de l’Alaska jusqu’à la Patagonie. On appelle cette interruption la « #brèche_du_Darien », et cela peut donner à nos auditeurs une idée de la complexité de l’environnement, et des difficultés auxquelles sont confrontés les migrants qui traversent cette région.

    Selon un décompte officiel, 48 migrants sont mort ou ont été portés disparus dans le Darien en 2023. Mais c’est un chiffre considéré comme très en dessous de la réalité, d’après les récits des migrants…

    Les migrants qui traversent le Darien qualifient cette jungle de « première frontière » des Etats-Unis .

    Le périple des migrants commence en Colombie , sur les rives du #Golfe_d’Urabà, où s’arrête la route panaméricaine.

    Les migrants traversent le Golfe à bord de bateaux touristiques, pour se rendre sur l’autre rive, plus proche de la frontière. Ici, ils achètent les services de guide et les abris proposés par les communautés afro-colombiennes et amérindiennes locales, sous le contrôle du #Clan_del_Golfo. Un puissant cartel de drogue colombien, qui, supervise désormais l’organisation des routes migratoires du côté colombien de la frontière. Selon l’armée colombienne, le cartel prélève sur chaque migrant une centaine de dollars en moyenne, engrangeant un gain considérable (selon le Panama, 820 millions de dollars en 2023).

    En échange d’une somme allant de 270 à 1 000 dollars, selon les itinéraires, les migrants sont conduits dans la jungle par les passeurs colombiens , jusqu’à la frontière avec le Panama. De là, ils poursuivent seuls la traversée de la jungle.

    Pendant plusieurs jours, les migrants sont exposés aux dangers liés au terrain, comme des crues soudaines et des glissements de terrain en raison de pluies torrentielles, aux maladies, au manque d’eau et de nourriture… A cela s’ajoute la menace des bandes armées qui profitent de la vulnérabilité des migrants et qui se livrent au racket et aux agressions sexuelles.

    A la sortie de la jungle, les migrants arrivent dans les communautés autochtones du Panama qui vivent le long du #fleuve. Elles ont adapté leur économie à ces flux migratoires, et proposent contre rémunération hébergement, nourriture et transport en #pirogue vers des centres d’accueil temporaires, gérés par l’Etat panaméen et l’OIM, l’Organisation mondiale pour les migrations. Les migrants qui parviennent jusque-là, s’ils ont l’argent nécessaire, tentent ensuite de poursuivre leur route en bus, jusqu’à la frontière avec le Costa Rica, pour ensuite remonter l’Amérique centrale et le Mexique jusqu’aux Etats-Unis.

    Malgré les #dangers liés à la nature hostile et aux gangs armés, cette route attire de plus en plus de migrants…

    Lorsque le Panama a commencé à tenir des chiffres sur les flux migratoires à travers le Darien, en 2010, on avait comptabilisé 559 personnes. En 2015 et en 2016, sous la pression de la crise économique et politique au Venezuela, et des flux migratoires vénézuéliens et latino-américains qu’elle avait entraîné, on avait atteint un premier pic, d’environ 30 000 migrants. Des chiffres qui paraissent dérisoires aujourd’hui.

    En 2023, un demi-million de migrants a traversé le Darien. Un chiffre record qui, selon toute attente, sera dépassé cette année, selon le Panama.

    Si auparavant, cette route migratoire s’inscrivait dans des dynamiques régionales latino-américaines, elle voit passer aujourd’hui les migrants du monde entier. En 2023, les autorités du Panama ont recensé 40 nationalités , allant de Haïti à la Chine, de la Somalie au Nigeria, du Venezuela à la Syrie…

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/les-cartes-en-mouvement/la-jungle-du-darien-3552674
    #Colombie #Panama #cartographie #visualisation #migrations #réfugiés #frontières #risques #décès #morts_aux_frontières #mourir_aux_frontières

    ping @reka

  • Comment l’IGN s’engage dans l’open source pour l’information géographique
    https://goodtech.info/comment-lign-sengage-dans-lopen-source-pour-linformation-geographique


    #carto

    L’IGN développe et met à disposition de la communauté plusieurs outils et composants open source pour la diffusion, l’hébergement et l’utilisation de données géographiques.

    Parmi les projets phares présentés :

    Géoplateforme : Une infrastructure de l’information géographique nationale qui s’appuie sur des composants open source pour la diffusion et l’enrichissement de données.
    SDK Entrepôt GeoPlatform : Un outil pour faciliter le dépôt et la gestion de données géographiques sur la Géoplateforme.
    Ma Carte : Un module cartographique en ligne open source permettant de créer et de partager des cartes interactives.
    iTowns : Une boîte à outils pour construire un équivalent libre de Google Earth.

  • #Organic_Maps, une alternative à #google_maps :

    Organic Maps est un #logiciel_libre de #cartographie et de navigation utilisable #hors-ligne et basé les données cartographiques d’#OpenStreetMap. Il se base uniquement sur des données vectorielles pour le rendu des objets et permet un rendu 2D ou 3D temps réel. Il s’adapte au logiciel de synthèse vocale disponible du système d’exploitation sur lequel il tourne. Il est disponible pour Android et GNU/Linux et iOS. Il s’agît à l’origine d’un fork de #Maps.me, fait par ses propres développeurs.

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Organic_Maps

    #offline #off-line #OSM #marche #vélo #app